Christiane F.

E’ passato diverso tempo da quando ho messo le mani a penna o tastiera e ho scritto alcune parole.
Ma non sono qui per parlarvi della mia vita ma è comprensibile che io provi a giustificarmi un minimo.
Forse ho perso per strada la grinta e l’abilità, e probabilmente mi sto inoltrando in un discorso, in un mondo, che posso arrivare a comprendere solo in parte, ma voglio provare a fare questo piccolo passo.
Il mondo al momento non mi concede la quiete che mi occorre per buttare giù le parole che sembrano uscirmi come un fiume in piena; ogni volta che riesco ad attivarmi e a fare qualcosa la pace deve andarsene, facendo sopraggiungere il caos. Sarò sfortunata, sarà il karma o sarà che io sono terribilmente sensibile ai rumori.
Quindi eccomi qui, armata con le mie cuffie enormi da muratore, per cercare di concentrarmi e far uscire qualcosa che non assomigli troppo a un flusso di coscienza personale.
Voglio parlarvi di una ragazza, anche se marginalmente. Questo perché non ho abbastanza informazioni in merito e non conosco il mondo in cui lei ha vissuto. Ma per sfiorarlo basta poco.

Christiane Vera Felscherinow, nata ad Amburgo il 20 maggio 1962, ora è una donna che lotta contro un passato che non l’abbandonerà mai più.
In un libro viene narrata la sua storia, che un film ha riprodotto più o meno fedelmente, di una dura lotta contro il mondo della droga e della prostituzione.

 

Non mi limiterò a parlare del film o del libro (anzi, dei libri), ma farò un discorso generale.
La storia ha inizio quando Christiane è piccola e la famiglia decide di trasferirsi a Berlino.
All’inizio vivono in un bel appartamento e il padre tenta la fortuna per aprire un’agenzia di matrimoni. Ma forse, come ha detto la stessa protagonista, suo padre era troppo avanti per i tempi e quindi il tutto fu un completo fallimento.
Divenne disoccupato e l’intera famiglia fu costretta trasferirsi in un appartamento molto piccolo a Gropiusstadt, all’undicesimo piano di un palazzo enorme.
La madre lavorava molto per mantenere la famiglia, mentre il padre passava il tempo a bere e a sfogare la propria frustrazione sulle figlie e la moglie. Soprattutto però si avventava su Christiane, la figlia maggiore.
Da questo, lei ha sviluppato un’attrazione verso tutto ciò che potesse dimostrare che fosse forte, che ce la faceva, ma al tempo stesso cercava sempre quella sensazione di dolore che le era tanto familiare.
Le ragazzine, completamente abbandonate a loro stesse, avevano la compagnia di qualche animale, come un cane (erano amanti degli animali) e degli altri bambini che giocavano nel quartiere.
Quando l’adolescenza bussò alle porte di Christiane, lei dovette dimostrare ancora di più di essere “paracula”. Di essere interessante. Di essere forte. Aveva paura, odiava, restare sola. In tanto la sorella si stava allontanando.
Iniziò a frequentare un gruppo di ragazzi che si impasticcavano. Il passo per trovare nello sballo il sollievo dalla paura e dalla solitudine, per mandar via tutta quella merda ed essere forte, fu breve.

 

Però non vi racconterò tutto il resto; per conoscere la storia completa ci sono il famoso libro “Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino” e il film omonimo.
Parlando del libro (ma anche il film non è da meno), esso risulta molto crudo, spietato e senza giri di parole. E’ schietto, forte, a volte sembra un flusso di coscienza che scorre come un fiume in piena. E’ pura forza ma anche debolezza insieme. E’ il racconto della caduta in una spirale, apparentemente senza uscita.
Diverse volte sentiremo dire, sia nel film che nel libro, “questa è l’ultima volta”, “un ultimo buco”.

Il racconto della sua storia nel libro e il film (con la partecipazione di David Bowie), furono all’inizio un’ancora di salvezza, ma anche una condanna a vita.
Lei divenne Christiane F., la Star del Buco.
Una tossicodipendente famosa, amata ma distanziata da tutti. Un mito da non frequentare ed evitare.
“Facciamo una foto insieme, ma non giocare con mio figlio”.
Una denuncia del degrado sociale che la stessa Germania stava ignorando, che al tempo stesso l’aveva trasformata in un animale da fiera.
Lei se ne rese conto molto più in là e ciò che accadde dopo la storia di “Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino” è raccontato in un secondo libro: “Christiane F. – La mia seconda vita”.
Circa 30 anni dopo, cosa è accaduto alla forse più famosa tossicodipendente?
Anche qui non vorrò dirvi molto, per non rovinarvi il piacere di leggere qualcosa di vero, forte e debole allo stesso tempo.
Un secondo libro che segue le orme del primo, con forse minor forza ma maggior sincerità, dovuta a una visione della vita di una Christiane non più adolescente.

 

Cosa voglio fare con questo articolo?
Semplice informazione?
Ricordo che venni a conoscenza di questa storia a scuola, quando facevo le superiori e una professoressa (forse quella di religione) ci fece vedere il film. Non riuscii a seguirlo molto a causa del caos in classe e della pesantezza della pellicola (non ero ancora pronta ad affrontare certi argomenti), ma rimasi interessata, nonostante poi non mi sia più informata.
Un giorno, diversi anni dopo, mentre tornavo dall’università e aspettavo la corriera, ho visto il romanzo in una bancarella di libri usati. Costava poco, quindi lo presi senza pensarci due volte. Ma ci vorranno ancora alcuni anni prima che io riesca a leggerlo. E così ho fatto durante questo autunno/inverno 2019, per poi quasi subito catapultarmi sul secondo libro e rivedere il film, in pace e tranquillità.
Perché vi ho raccontato di come ho conosciuto Christiane F. e la sua storia?
Perché per me non se ne parla abbastanza o se ne parla nel modo sbagliato.
Sento spesso parlare male di chi si ubriaca o si droga. Sento spesso fare battute pesanti sull’argomento, altamente offensive. Sento spesso di come questo problema venga sottovalutato, in una società in cui i giovani sono ancor più vulnerabili. In un mondo dove ogni cosa è diventata veloce e iperconnessa, stare al passo è ESSENZIALE, sennò sei fuori, non sei nessuno, non conti niente. Quindi diventa una facile soluzione cercare il conforto o la forza in determinate sostanze.
E trovo vergognoso giudicare queste persone a priori, perché sono “semplicemente” tossiche.
Un tossico equivale a una cattiva persona, per lo più nella mente delle persone (così come l’alcolisti, ecc).
Per me invece sono vittime.
Vittime di una società che non tutela nessuno se non ciò che crea profitto, scandalo e “mi piace”.

Da una parte, Christiane ha fatto uno sbaglio a raccontare la sua storia, soprattutto nel primo libro. Questo perché i riflettori sono caduti su di lei (caduti – ho usato la parola giusta), trasformandola in un fenomeno. Un idolo, un marchio, una piaga. Quando si tratta semplicemente di una vita di una ragazzina, vittima delle circostanze e di se stessa (fino a che punto, poi, la colpa è da attribuirla a lei?).
Dall’altra ha fatto benissimo, perché ha permesso che il mondo conoscesse cosa si nasconde – e non solo nei vicoli bui o nei parchi abbandonati a se stessi – ma anche alla luce nel sole, come in una stazione o una discoteca.
E’ una testimonianza importante.
Che le ha salvato la vita.
Che le ha rovinato la vita.

 

[Shiki Ryougi 両儀 式]

13 pensieri riguardo “Christiane F.

  1. Era il 1981 quando uscì in Italia e io avevo 12 anni.
    I miei andarono al cinema dopo aver letto il libro e mi impedirono sia di leggere che di vedere la sua storia, perché a detta loro troppo forte e traumatica.
    Ad un anno esatto presi coraggio e con la mia tessera della biblioteca lo presi li.
    Sconvolgente,allucinante e pesante tanto da mandare giù.
    Un pugno in faccia da cui imparai molto.
    Ai miei figli ho spiegato cosa,chi e come era la vita di questa ragazzina e con i loro tempi hanno letto il libro e visto il film…tuttora ogni tanto se ne parla mai x giudicare ma per cercare di capire e fare capire che il disagio che porta a certe scelte nasce sempre da casa propria.
    Grazie per questo post

    1. Sì, è molto interessante come libro, perché poi è normale chiedersi cosa le sia successo dopo e soprattutto come vede se stessa e la vita con un punto di vista adulto e non più da adolescente.

    1. Se è possibile, io penso che vada guardato tutto. I libri sono ancora peggio, secondo me, perché vedi davvero dal punto di vista della protagonista. Il tema è sempre attuale, purtroppo, anche se in parte per ragioni diverse. Ma guardare e leggere, permettere di conoscere. La conoscenza aiuta a combattere. Tutto, ovviamente, entro i propri limiti :)
      Grazie del commento!

    1. A me non fece ridere per niente, quando lo vidi la prima volta a 15 anni. E nemmeno adesso mi fa ridere, che di anni ne ho 28.
      Credo che se si ride di una cosa del genere o si è immaturi o non si è compreso il problema o si insensibili.
      (Ora vado, buona notte =) )

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